L'importanza della biodiversità alimentare
Le specie di piante e di animali presenti sulla Terra sono state stimate essere oltre 1,4 milioni, ma non tutte sono ancora state scoperte dall’uomo. Questo fa capire la straordinaria biodiversità dell’intero ecosistema e sottolinea che esso si basa su complesse interazioni tra specie diverse.
La biodiversità è fondamentale non solo per noi, ma anche per i nostri discendenti e per tutti gli esseri viventi della Terra, è il pilastro della salute del nostro pianeta. Dalla varietà di forme di vita animali e vegetali, infatti, dipende sia la qualità dell'esistenza umana sia la nostra stessa possibilità di sopravvivenza.
Da questa grande ricchezza, l’uomo ha la possibilità di reperire tutto ciò che gli serve anche per quanto riguarda la sua alimentazione: la biodiversità alimentare va pertanto tutelata ed è una garanzia in fatto di qualità dei prodotti e salute del consumatore. Per promuovere la biodiversità alimentare è necessario valorizzare e perseguire alcuni obiettivi come:
- valorizzare i prodotti locali e tipici di un territorio;
- tutelare l’ambiente;
- favorire la diffusione dell’agricoltura biologica;
- rispettare i criteri di sostenibilità sia nell’agricoltura sia nell’allevamento;
- limitare le fonti di inquinamento.
Contraddizioni: l'uniformità imposta per legge alle colture
E' parere della maggior parte dei nutrizionisti che la diversità della dieta è di fondamentale importanza per avere un microbioma sano. E qui cominciano i problemi. Come facciamo a mangiare diverso, se il 60% delle nostre calorie deriva da appena tre specie vegetali, cioè frumento, riso e granturco 1? E come facciamo a mangiare diverso se quasi tutto il cibo che mangiamo è prodotto da varietà che, per essere legalmente commercializzate – cioè perché i loro prodotti possano trovarsi legalmente nei supermercati, debbono essere iscritte ad un catalogo che si chiama registro varietale, e che per essere iscritte a tale registro debbono essere uniformi, stabili e riconoscibili?
Tra la necessità di mangiare diverso, e la uniformità imposta per legge alle colture c’è un’ovvia contraddizione, come c’è un’ovvia contraddizione tra uniformità e stabilità da una parte e la necessità di adattare le colture al cambiamento climatico dall'altro.
Per raggiungere questi obiettivi non si può prescindere dalla conservazione dei semi e caratterizzazione delle varietà, ma a questa tipologia di conservazione si devono affiancare la conservazione e l'evoluzione nei contesti agricoli locali oltre alla naturale evoluzione in ambiente "non controllato"2. Spesso le politiche agricole non riescono a raggiungere efficacemente questi obiettivi3.
Declino della biodiversità e aumento delle malattie
È stato soltanto recentemente che il mondo scientifico ha cominciato a realizzare le conseguenze della perdita della biodiversità in termini di salute per l'uomo. Il declino della biodiversità è infatti correlato con l’aumento di malattie a base infiammatoria, le quali rappresentano una gamma molto vasta di malattie, dalla malattia infiammatoria intestinale, alla colite ulcerosa, ai disordini cardiovascolari, a diverse malattie epatiche e a molti tipi di tumore.
Questo aumento delle malattie a base infiammatoria è stato associato ad una diminuzione delle nostre difese immunitarie 4 le quali, ancora più recentemente hanno cominciato ad essere associate con il microbioma, la cui composizione dipende più dall'ambiente (dieta e stile di vita) che dalla predisposizione genetica 5.
Cause della perdita di biodiversità
La situazione peggiora ancora di più se si pensa che tutto il cibo proviene direttamente o indirettamente dai semi, e che il mercato mondiale del seme, un mercato che vale miliardi di dollari è per oltre il 50% nelle mani di poche grandi corporazioni 6 (note spesso come le multinazionali), alcune delle quali controllano contemporaneamente un altro mercato multi miliardario oltre a quello dei semi, cioè quello dei pesticidi.
Ogm e biodiversità
L’obiettivo delle multinazionali del settore è quello di standardizzare le coltivazioni e cioè, di coltivare su larga scala un prodotto in un’unica varietà, inserendolo in un ampio mercato internazionale. L’uniformità genetica che ne consegue non può far altro che portare alla perdita delle specie selvatiche e tipiche della tradizione rurale a livello mondiale. A dispetto di questo c'è chi ancora si chiede se gli ogm aumentano la biodiversità.
È inoltre facile pensare che se la stessa multinazionale vende semi e pesticidi, sarà difficile che venda semi che producono piante che non hanno bisogno di pesticidi – qui bisogna precisare che pesticida è un termine mutuato dall’inglese che comprende erbicidi, insetticidi e anticrittogamici.
Tutto ciò è molto preoccupante perché mentre, per esempio, le conseguenze per la salute di cibo proveniente da colture geneticamente modificate (più note come OGM) è molto controverso, è stato accertato al di là di ogni ragionevole dubbio che esiste una relazione stretta tra esposizione a pesticidi, utilizzati per le coltivazioni OGM, e l’aumento di malattie croniche come diversi tipi di cancro, diabete, disordini neurodegenerativi come Parkinson, Alzheimer e SLA (sclerosi laterale amiotrofica), difetti alla nascita e disturbi riproduttivi 7.
Come difenderci: l'agricoltura biologica!
A questo punto sarebbe veramente il caso di parlare di pericolo di ammalarsi di cibo e di chiedersi: cosa possono fare i consumatori?
Una soluzione che molti consumatori hanno scelto negli ultimi tempi è stata quella di rivolgersi ai prodotti della agricoltura biologica la quale, se da un lato offre molte più garanzie di cibo sano, dall’altra non è esente da critiche. Le più comuni sono che i prodotti bio sono più costosi, e che le produzioni che si ottengono con l’agricoltura biologica sono più basse per cui con il biologico non si riuscirebbero a sfamare i circa 9 miliardi che saremo nel 2050 8!
I veri costi del cibo non biologico
Alla prima critica si può rispondere facilmente: infatti il vero problema non è che i prodotti bio costano troppo ma è che i prodotti non biologici costano troppo poco, nascondendo quelli che sono i veri costi che i consumatori debbono poi pagare al di fuori dei supermercati. A parte gli effetti negativi sull’ambiente (suoli, acqua e aria) della politica dell’industria alimentare di produrre cibo a basso costo...costi quel che costi 9, ci sono quelli sulla nostra salute: basti pensare che ogni paziente affetto da diabete costa oggi al Sistema Sanitario Nazionale 2589 euro l’anno, e che le terapie legate al diabete costano al Sistema Sanitario Nazionale attorno al 9% del bilancio, ovvero circa 8,26 miliardi di euro 10. Infine, molto recentemente, la rivista Lancet ha previsto un aumento della frequenza di tumori di vario tipo in parte dovuto all’aumento dell’obesità e del diabete 11.
Il cibo bio è abbastanza per tutto il mondo?
La seconda critica, cioè che le produzioni dell’agricoltura biologica sono più basse di quelle dell’agricoltura convenzionale, mediamente tra l’8% e il 25% in funzione della coltura e del modo in cui viene praticata l’agricoltura biologica, è usata più spesso della prima per sostenere che con l’agricoltura biologica molte più persone soffrirebbero la fame. Come si fa a parlare di un tipo di agricoltura, si dice, che produce di meno quando è invece necessario aumentare le produzioni agricole del 70% o perfino del 100% entro il 2050?
Recentemente molte delle affermazioni su cui si basa questa seconda critica sono state messe in discussione. Innanzitutto, in molte di queste discussioni ci si dimentica delle enormi quantità di cibo che vanno a finire nei rifiuti, ben 1 miliardo e 300 mila tonnellate, pari cioè al 30% della produzione agricola 12.
In aggiunta a questo si stima che, globalmente, produciamo circa 4600 chilocalorie/persona/giorno e, pur perdendone circa 1400 tra le perdite dopo la raccolta, durante la distribuzione e durante il consumo, ne rimangono quasi 1000 chilocalorie/persona/giorno in più delle 2360 chilocalorie/persona/giorno che secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità sono sufficienti per una vita sana 13.
Quindi si comincia a far strada l’ipotesi che la necessità di aumentare le produzioni agricole del 70% o perfino del 100% entro il 2050 sia una stima volutamente usata da istituzioni e individui con una precisa ideologia per quanto riguarda il problema della sicurezza alimentare 14; in altre parole un mezzo per giustificare la necessità dell’uso delle biotecnologie, come per esempio gli OGM che tante polemiche hanno suscitato.
Come difenderci: biodiversità agricola
Non dobbiamo dimenticare che, come detto in precedenza, il cibo deriva dai semi e che quindi la causa prima dei problemi di salute che affliggono oggi il mondo debba essere cercata nel modo in cui vengono prodotti i semi.
Il miglioramento genetico per l'agricoltura industriale
I semi da cui si produce il cibo che ha tutti quegli effetti che abbiamo descritto sulla nostra salute, vengono prodotti da quella scienza che si chiama miglioramento genetico. Per cambiare le cose bisogna ripensare a come viene fatto il miglioramento genetico in modo da passare dal “coltivare uniformità” al “coltivare diversità”.
Oggi il miglioramento genetico ha come obbiettivo l’agricoltura industriale (la sola che secondo alcuni sarà in grado di sfamare il mondo), e quindi si basa sulla selezione, nei centri di ricerca, di varietà uniformi – per rispettare le leggi sui semi di cui parlavamo prima – e capaci di produrre il massimo con il supporto di concimazioni e pesticidi.
Il miglioramento genetico per l'agricoltura biologica
Non esiste, o lo è in misura modestissima, il miglioramento genetico per l’agricoltura biologica. Quindi uno dei motivi della differenza di produzione tra agricoltura convenzionale e agricoltura biologica è che in quest’ultima, mancando varietà ad essa adatte, vengono coltivate le stesse varietà selezionate per l’agricoltura convenzionale le quali ovviamente trovandosi in una situazione completamente diversa da quella per la quale sono state selezionate, producono di meno.
Questo lo si può fare in modo rapido ed economico con il miglioramento genetico evolutivo 15, che consiste nel creare popolazioni mescolando semi, ottenuti incrociando tra loro diverse varietà, lasciarle evolvere utilizzandole come coltura oppure per fare la selezione delle piante migliori. Questo offre la possibilità di adattare la coltura non solo al cambiamento climatico di lungo periodo, ma anche alle variazioni climatiche da un anno all’altro, e inoltre consente di controllare infestanti, malattie ed insetti senza ricorrere a pesticidi. Grazie agli incroci naturali che avvengono sempre al loro interno, queste popolazioni evolvono continuamente (per questo si chiamano “evolutive”) e i contadini hanno la possibilità di adattare le colture al particolare modo in cui ciascuno di essi pratica l’agricoltura biologica.
Buoni esempi in Italia
L’uso di popolazioni, sia nei cereali che in alcune specie orticole, si sta diffondendo in Italia grazie a Rete Semi Rurali 16 con varie attività in Sicilia, Basilicata, Molise, Puglia, Abruzzo, Marche, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte. Un’attività simile, è condotta in Sardegna da "Domus Amigas" (CSA) 17. In Emilia-Romagna progetti regionali che sperimentano sui miscugli sono in corso presso l’Università di Bologna e presso la società OPEN FIELDS, (Progetto BIO2). Studi su miscugli in orzo sono attualmente in corso presso le Università di Perugia, Bologna e Firenze.
frumenti "antichi" e biodiversità
Contemporaneamente, e indipendentemente dalla diffusione delle popolazioni evolutive, si sta assistendo ad un ritorno nei campi di frumenti "antichi", e quindi sulle tavole di prodotti, soprattutto pane e paste fatte con quest’ultimi. Pur tra controversie scientifiche, si stanno diffondendo le testimonianze di tantissimi consumatori di una maggiore digeribilità dei prodotti ottenuti con frumenti antichi, e di tantissimi agricoltori di una maggiore rusticità di questi frumenti che sarebbe bene chiamare tradizionali trattandosi di varietà che al massimo hanno un centinaio di anni.
Questo ritorno a varietà tradizionali comincia a riguardare molte specie, per esempio ortaggi, di uso corrente nella nostra dieta contribuendo a differenziare sempre più il portafoglio di colture in una singola azienda e quindi consentendo un migliore uso delle risorse naturali e una difesa contro le incertezze, anche a breve termine, del clima.
Questo ritorno ha anche un effetto benefico sulla dieta da una lato perché la rende più varia, e dall’altro perché queste varietà tradizionali, essendo tipiche dei mercati locali e della agricoltura biologica, hanno una impronta ambientale molto bassa dovuta anche alla breve distanza tra il luogo di produzione e il luogo di vendita.
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TITOLO CAMBIATO????Archiviato da antonella 6 anni, 7 mesi fa